Prefazione

A volte l’Autore –e già è oscuro il motivo della lettera iniziale maiuscola- usa la terza persona per parlare di sé. Non è mai chiaro se sia un atto di superbia o al contrario un maschera dietro la quale nascondersi. Suole in questi casi mettersi in prima persona -per puntigliosa precisione in terza persona- per scrivere un’introduzione, qualora risulti corposa, oppure, più spesso, una semplice prefazione alla sua opera. C’è chi perfino, lasciandosi trasportare eccessivamente, segnala anche la propria opera con la lettera maiuscola: Opera, quindi. Non si sa se questo contributivo aggiuntivo, di cui non è certa la necessità, venga scritto per facilitare il lettore nella comprensione del testo, o, al contrario, sia lo strenuo tentativo di dare valore a un lavoro di scarsa qualità. L’artificio, certo, è un’arma a doppio taglio. Esso, fino a prova contraria, infatti, può, se ben riuscito, nobilitare, anche più del dovuto, l’opera di cui ci si accinge ad usufruire; all’inverso, invece, anziché arrecare un qualche immeritato beneficio, rischia di trascinarla repentinamente nel baratro della mediocrità, o peggio, dell’ignominia. Se è vero, infatti, che chi non fa non falla, è altrettanto vero che la Fortuna aiuta gli audaci e, con spirito più laico, tentar non nuoce. Quindi il dilemma resta aperto, come spesso accade quando si fa affidamento sui proverbi, usufruendo dei quali si può dire tutto e il suo esatto contrario. Non che in questa sede l’Autore voglia sfruttare la saggezza popolare, di cui ormai si conosce l’ambiguità; semplicemente si riprometteva, con questi pensieri, forse semplicemente di scrivere le ben note due righe –cadendo nell’uso, se non del proverbio, in quello delle frasi fatte- più per vezzo che per reale necessità. Senza superbia e privo di modestia, della cui falsità ci sarebbe molto da dire, si presenta dietro la maschera dell’Autore, un po’ per tracotanza un po’ per timidezza. Tant’è, questo era quello che l’Autore sentiva di esprime in questa prefazione, dato che si accinge alla conclusione senza aver steso nulla che possa essere definito introduzione, almeno fino a prova contraria, o meglio, ulteriore necessità d’espressione, dato che, in quanto Autore –qui la maiuscola ha una sua rilevanza- può togliersi lo sfizio di aggiungere, togliere o modificare le proprie frasi a suo completo piacimento, con buona pace del lettore, al quale è concesso, senza la certezza di essere ascoltato, di protestare vivamente. All’atto di prepotenza appena perpetrato corrisponde reazione eguale e contraria, dal momento che la modestia dell’Autore lo spingere a credere che dei pochi lettori che avranno la bontà di leggere le sue opere, sicuramente, una minima parte, se non già nessuno, sarà così trasportata dai contenuti da investire tempo e forze per interagire e comunicare con l’Autore, il quale, constatata la sua condizione, ritiene opportuno, in fin di prefazione, togliere la maiuscola e fumare una sigaretta di fiera consolazione.

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